Affetto e quatto zampe: favorire l’autonomia del cane

di Redazione Quattrozampe

Cani e affetto

Il legame prevalentemente affettivo che costruiamo con il nostro cane è comprensibile sotto il profilo delle aspettative e delle disponibilità che il cane stesso è in grado di esprimere e interessato a ricevere. E, se non esageriamo nel chiudere la relazione esclusivamente nel vincolo affettivo, non c’è nulla di male se coloriamo il nostro rapporto anche di profusioni genitoriali e protettive o, viceversa, di richieste di conferme d’amore e di rassicurazioni. I problemi stanno nell’eccesso, che non è mai un essere troppo legati al proprio cane quanto il non sviluppare la relazione in tutte le sue declinazioni – per esempio nel gioco, nella collaborazione, nella convivenza – preferendo rimanere sempre e solo nel calore dell’affettività. La componente affettiva è senza dubbio importante e non può mancare in un rapporto, lo sbaglio è rendere la dimensione esclusiva, perché in questo caso si vengono a creare delle carenze, poiché il cane ha bisogno anche di altro, e degli eccessi, giacché l’affettività può condurre a morbosità di rapporto.

Approccio al cane, due modi differenti

In genere questo tipo di approccio al cane può essere espresso in due modi differenti, apparentemente simili ma, a ben vedere, opposti, seppur caratterizzati da una forte tendenza alla chiusura nel rapporto esclusivo o diadico, dove persona e cane diventano una sorta di gemelli siamesi.

Modello cane-bambino

Il primo modo è il “modello cane-bambino” che porta la persona a comportarsi come un genitore amorevole, sempre presente, incombente nelle cure che profonde, poco propenso a dare al cane degli spazi di autonomia.
Questo tipo di relazione si basa essenzialmente su comportamenti:
a) di cura, per esempio anche la carezza sembra quasi voler pulire il mantello, c’è un’esagerata attenzione ai bisogni, si riscontra un continuo monitoraggio sullo stato di salute;
b) di accudimento e di rassicurazione, con tendenza ad accogliere per proteggere, a prendere in braccio, a intervenire in ogni situazione che si ritiene problematica per il cane, a parlare in bambinese;
c) di offerta di cibo, in qualunque situazione enfatizzando nel cane le tendenze orali e basando il rapporto su situazioni di condivisione di alimenti.

Stato di regressione infantile

Questo tipo di rapporto suscita nel cane uno stato di regressione infantile, ingaggiandolo sempre sulla stessa motivazione che prende il nome di “et-epimelesi” (il cane si impossessa di qualcosa e non accetta di restituirla), ed esercita nel cane dei comportamenti che sono esclusivamente di tipo relazionale e di richiesta. Cosa viene a mancare e cosa viene a essere disincentivato nel cane?
Questo tipo di rapporto toglie al cane lo sviluppo di:

  • autonomia, la capacità di raggiungere i propri obiettivi da solo;
  • autoefficacia, il senso di sicurezza nel sentire di essere capaci di affrontare i problemi;
  • apertura all’esterno ossia di vivere la relazione ma nello stesso tempo di emanciparsi da essa.

Ovvio che questa relazione diviene estremamente problematica su cani insicuri, timidi, ansiosi, dipendenti, emotivi.

Modello cane base-sicura

Il secondo modo è il “modello cane base-sicura” che porta la persona a chiedere continuamente al cane delle conferme affettive e delle rassicurazioni circa il fatto che lui le voglia bene. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un eccesso di centripetazione relazionale, ossia di chiusura del cane nella relazione distogliendolo dal mondo e dando al rapporto forti morbosità. In questo caso al cane si chiede troppo, lo si carica di responsabilità affettive e protettive, togliendogli letteralmente l’aria. Questo tipo di rapporto vede la persona in continua richiesta, in uno stato di dipendenza emotiva con sviluppo nel cane di stati ansiosi, di bisogno di scaricare l’eccesso morboso, di prendersi in carico il proprietario anche con comportamenti di controllo sulla persona o di ostilità verso gli altri.

Aprire il rapporto al mondo esterno

Queste due relazioni richiedono un intervento che sappia aprire il rapporto al mondo esterno e favorire nel cane una sua autonomia, temperando l’eccesso affettivo con attività meno morbose come il gioco, lo stare insieme senza chiedersi nulla, il fare un’attività sportiva o sociale, il partecipare a passeggiate di gruppo.

 

di Roberto Marchesini, direttore del SIUA
foto di Shutterstock

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