Il cane: un mondo di gioco

Nessuno gioca come un cane
La dimensione ludica, allo stesso modo di quella performativa, si basa sulle coordinate motivazionali, vale a dire su quelle tendenze espressive che differenziano una specie da un’altra – per cui un cane si dispone nel gioco in maniera differente da un gatto – e all’interno della stessa specie caratterizzano una particolare razza. Non ci dobbiamo pertanto meravigliare se un coniglio non si presta a quei giochi predatori che affascinano tanto un gatto oppure che il cane non sia tentato a giocare al trapezismo come invece fa comunemente il piccolo felino. Allo stesso modo mentre un rottweiler andrà pazzo per il gioco del tira-molla molto probabilmente un border-collie preferirà rincorrere una pallina. Dimmi quali sono le tue prevalenze motivazionali e ti dirò come giocherai. In un certo senso possiamo dire che il gioco può essere ricondotto a un esubero motivazionale: se qualcuno assolve i tuoi bisogni di base è più probabile che giocherai.
Il gioco come espressione
Le motivazioni sono infatti delle tendenze espressive – rincorrere, raccogliere, esplorare, difendere – che hanno un loro sistema interno di gratificazione e un legame molto forte con i bisogni fisiologici e di sopravvivenza. Un predatore rincorre per mangiare e in natura quanto più è portato a orientarsi sul movimento e a rincorrere tanto più sarà avvantaggiato: ecco perché i nostri gatti e cani hanno ricevuto in eredità questo tratto comportamentale. Ma possedere la motivazione predatoria significa essere calamitati verso tutto ciò che si muove e desiderare di acchiapparlo. Se al gatto date la ciotola a ricolma di cibo spegnete in lui la fame, non il desiderio di rincorrere. Quando per una qualunque circostanza il bisogno viene assolto – qualcuno ti dà da mangiare – si viene a realizzare uno stato di esubero motivazionale che trova la propria soddisfazione nel gioco.
La motivazione è la cosa più importante

Non di solo pane…
Spesso le persone credono che il cane abbia bisogno di cibo, di situazioni confortevoli e di tanto amore. Beh, non voglio smontare completamente questa idea, ma in parte occorre proprio rivedere la presunzione del “nido caldo”. Ogni animale ha prima di tutto necessità di esprimersi secondo le proprie coordinate motivazionali, di muoversi e di stancarsi in attività verso cui è portato. E non si tratta di semplice moto ma di espressione nel senso pieno del termine ovvero di poter portar fuori le proprie tendenze, di tradurre le motivazioni in comportamenti. L’azione è l’ossigeno per il suo respiro mentale. Tuttavia non dobbiamo pensare a un agire fine a se stesso, bensì all’opportunità di realizzare dei desideri interiori: esplorare, rincorrere, collaborare. Essere animale significa vivere somaticamente il proprio presente, non starsene in panciolle nell’inanizione. Il gioco diventa un modo e un’occasione per dare al corpo uno spazio di agibilità comportamentale.
Coinvolgerlo è la chiave

Laddove si riscontri una motivazione forte è buona cosa definire bene le regole del gioco, senza preoccuparsi troppo della fatica del cane ad apprenderle giacché lui, pur di poter giocare, farà di tutto per imparare le regole. Anzi, possiamo dire che per insegnare le attività più complesse è proprio necessario appoggiarsi sulle motivazioni forti. D’altro canto una motivazione forte rischia sempre di tracimare in contesti che non le appartengono, vale a dire di dar avvio a comportamenti fuori luogo. Quando qualcuno si lamenta del proprio cane, enumerando questo o quel problema, la prima cosa che mi viene in mente è che li, dove lui vede un problema, in realtà c’è una risorsa non incanalata e non valorizzata. Incanalare una motivazione significa individuare nel gioco delle specificazioni ben precise: verso cosa si fa, quali sono le regole del gioco, quale il rituale d’inizio e di chiusura, quale lo spazio è il contesto di gioco. Anche i comportamenti apparentemente più problematici, se incanalati in un gioco disciplinato, diventano opportunità educative.
Da gioco ad attività utile

Quando una motivazione è forte occorre farla scorrere, come un fiume all’interno di un alveo, avendo cura che gli argini tengano, solo allora diventa una risorsa e non un problema. Il gioco è pertanto il miglior modo per costruirne un letto. Ma valorizzare una predisposizione significa anche utilizzarla per allargare lo spazio di gioco. Se prendiamo il tira-molla, per esempio, ci accorgiamo che lo spazio di gioco è limitato al momento di presentazione, agonismo sulla treccia e chiusura. Volendo ampliare lo spazio di gioco posso farmi portare la treccia, in modo tale da inserire una motivazione collaborativa come propedeutica all’attività ludica sostenuta dalla motivazione competitiva. Posso altresì nascondere la treccia e inserire una ricerca prima della collaborazione e quindi della competizione. Posso insegnare il nome di luoghi precisi – la sedia, il divano, la poltrona, la cucina – mettere la treccia in questi posti e chiedere al cane di andare a prenderla in modo diretto, inserendo in questo caso un gioco di memoria: così facendo ho ampliato lo spazio del gioco, permettendomi di costruire delle attività ponte per altri giochi.
Disciplina e fantasia
Molti giochi consentono di aumentare il valore di un certo oggetto, sia esso una pallina, una treccia, un riportello o una manica. Abbiamo visto come il gioco consente di trasformare una motivazione forte in una risorsa spendibile per ampliare lo spazio ludico e quindi accrescere l’interesse del cane verso altre attività. Occorre infatti rimarcare l’importanza di aprire i giochi anche se contengono sequenze che possono essere molto disciplinate e quindi apparire ripetitive. La rincorsa di una pallina, il modo di superare un certo ostacolo, la presa su una manica o lo strattonare nel tira-molla devono essere fortemente disciplinati, sia perché questo accresce l’aspettativa del cane, sia perché la definizione fissa del target e delle regole evitano che quel comportamento si estenda su altro. Detto questo, noi possiamo modificare tutto il contorno e creare situazioni capaci di coniugare la disciplina con la fantasia, perché – lo voglio ripetere! – “disciplina e fantasia” non sono affatto due qualità in contrasto come molti credono. Sono il significato ultimo del gioco stesso.
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a cura di Roberto Marchesini, direttore SIUA
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