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Antropocentrismo: l’uomo è il cancro del pianeta?

di Edgar Meyer

Antropocentrismo: l'uomo è il cancro del pianeta?

Tanti italiani si sono appassionati alla vicenda di M49, l’orso evaso dalla prigione nella quale era stato messo per volontà del presidente della Provincia autonoma di Trento. Accusato di aver predato alcuni capi di bestiame, catturato, è riuscito a oltrepassare tre recinzioni alte quattro metri elettrificate con 7000 volt di potenza. La sua “fuga per la libertà” ha tenuto con il fiato sospeso migliaia di persone, rendendolo simbolo della ribellione al dominio dell’uomo sulla Natura.

Una ribellione contro la supremazia dell’uomo, che opprime le specie animali con il suo antropocentrismo.

Accuse alla Provincia di Trento

M49 è stato definito, dagli uomini che ne hanno decretato la sorte, un orso “dannoso”. Con un brutto vizio: abitare in montagna e volersi procurare il cibo. “È vero”, ha ironizzato Francesco Mongioì della Lac di Trento. “M49 ha dimostrato di essere un orso po’ troppo intraprendente che approfitta di bestiame, specie se negligentemente incustodito. E dannoso, perché mangia le bestie prima che il macellaio le scanni per poi venderle a pezzi e impacchettate al supermercato. A parte questo vizietto di sgranocchiare pecore o mucche non custodite, però, ha dimostrato di non essere pericoloso, di avere paura dell’uomo e di evitare di avvicinarglisi”.

Insomma, un rompiscatole ma schivo. Con il quale è possibile convivere, se ci si impegna un pochino. Impegno che, secondo molti, la Provincia di Trento non ha messo. “Gli allevatori ricevono sovvenzioni pubbliche per diversi motivi: uno dei quali è che devono sorvegliare gli animali garantendo la presenza sul pascolo almeno una volta al giorno. Non sempre ciò si realizza. Un’amministrazione avveduta sollecita gli allevatori a migliorare le misure di prevenzione, a usare le recinzioni, i cani da guardiania e gli altri metodi di difesa e, infine, a fornire i dati per usufruire dei rimborsi in caso di predazione. Pochi spiccioli molto ben spesi. Ma non è stato fatto”, accusa Mongioì. Più facile togliere di mezzo l’orso.

Antropocentrismo: l'uomo è il cancro del pianeta?

Errori umani

“Un’amministrazione discutibile”, hanno aggiunto le associazioni ecoanimaliste del Coordinamento Life for Ursos, “ha lasciato che l’orso predasse, ha lasciato montare le paure irrazionali della popolazione, ha lasciato prosperare odio e livore contro la fauna selvatica dipingendola come il mostro di Frankenstein, ha promosso il risentimento di alcune categorie economiche contro qualunque disturbo procurato dalla fauna selvatica: orsi, lupi, linci, volpi, corvi, cormorani o passerotti che siano. Nessuna creatura deve restare oltre al bestiame domestico sui pascoli, belli e vuoti di biodiversità come una insulsa cartolina”, è l’accusa.

Ma gli orsi, secondo il presidente della Provincia di Trento, il leghista Maurizio Fugatti, rischiano anche di essere pericolosi per l’uomo. E quindi vanno tolti di mezzo. “Un dato lo smentisce”, ribatte la portavoce di Gaia Animali & Ambiente, Emanuela Pagliara. “Gli esseri umani uccisi da un orso, in Italia, ammontano a zero. Gli esseri umani uccisi dai cacciatori in Italia dal 2007 a oggi sono 350. Chiediamo che ci si occupi di abolire la caccia, molto più pericolosa, prima di eliminare gli orsi, evidentemente più innocui”.

L’uomo al centro del mondo

Il problema sembra essere proprio questo: l’uomo si è autoproclamato dominatore della Terra. Tutti gli animali che “disturbano” sono catalogati come nocivi. E vanno rimossi. È la base dell’antropocentrismo. Così i cinghiali e le cornacchie vanno cacciati, gli animali selvatici che competono con i cacciatori vengono fatti fuori a suon di bocconi avvelenati, le nutrie vanno eradicate. E gli orsi “fastidiosi” vanno abbattuti o imprigionati.

Decide l’uomo chi muore e chi merita di vivere.

Le specie animali da eliminare mutano a seconda dei momenti. Per molti secoli l’uomo ha ingaggiato contro il lupo una lotta senza tregua. Chi ammazzava un lupo riceveva incentivi economici. Risultato: nel 1970 in Italia erano quasi estinti, ne restava un centinaio. A quel punto c’è stata un’inversione di rotta. Da nocivo, il lupo è diventato un importante bioindicatore sullo stato di salute dell’ambiente. È diventato specie protetta. Oggi la popolazione di lupi è in aumento. E già ci sono voci prepotenti che ne chiedono nuovamente lo sterminio al grido di “al lupo, al lupo”.

È un’invasione!

Il problema è semplice: l’uomo sta progressivamente invadendo tutti gli habitat degli altri animali.

Sette miliardi di esseri umani, in costante crescita, stanno occupando -con le loro attività sempre più tecnologiche e “pesanti”- tutti, o quasi, gli spazi disponibili. Dall’Amazzonia alle foreste asiatiche fino ai boschi del Trentino. Chi entra in conflitto con l’uomo muore.

E si estingue dalla faccia della Terra. Oppure, se ci riesce, si adegua.

Un recente studio pubblicato sulla rivista “Science” mostra che una quantità di specie diurne come volpi, cervi e cinghiali sta diventando notturna per evitare il rischio di avvicinarsi all’uomo. I ricercatori hanno analizzato 76 studi su 62 specie di mammiferi di sei continenti che, dall’opossum all’elefante, hanno cambiato i loro comportamenti in risposta alle attività umane come caccia, agricoltura, urbanizzazione e industrializzazione.

Per seguire gli animali nei loro movimenti sono state utilizzate tecnologie diverse, dai tracciatori gps alle fotocamere con sensori di movimento. Al sopraggiungere della notte, gli animali diventano più attivi rispetto a prima dell’arrivo dell’uomo, uscendo allo scoperto per cacciare e foraggiarsi col buio. Ma c’è un ma: un aumento delle attività notturne, se da un lato ottiene il successo immediato di evitare o ridurre le interazioni con l’invasore uomo, dall’altro non garantisce la certezza di sopravvivenza all’invasione di ogni habitat da parte degli esseri umani.

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Il caso della giraffa Marius

Dove l’antropocentrismo si manifesta con evidenza è negli zoo. Un episodio, di cui si è parlato in mezzo mondo pochi anni fa, ha fatto discutere del rapporto tra noi, gli animali e la scienza. Il protagonista si chiamava Marius, aveva due anni, stava bene. Era una giraffa. Viveva allo zoo di Copenaghen, in Danimarca, dove è stato ucciso dai responsabili del parco zoologico, è stato successivamente sottoposto a un’autopsia pubblica -cui hanno potuto assistere i visitatori di ogni età, quindi, anche bambini- e, infine, è stato dato in pasto ad alcuni leoni detenuti nella struttura. Vari zoo e riserve di animali avevano dato la loro disponibilità a ospitare la giraffa nei loro spazi, per evitare il suo abbattimento. Il direttore di uno zoo nei Paesi Bassi, Robert Krijuff, si era offerto poco prima dell’uccisione di Marius di prendersene cura e di ospitarlo nella sua struttura. Alla Bbc ha spiegato di essere rimasto incredulo per quanto accaduto: “Ci siamo offerti per salvare la sua vita. Gli zoo devono cambiare il modo in cui gestiscono queste cose”.

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