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Antropomorfizzazione: una forzature dell’uomo

di Redazione Quattrozampe

antropomorfizzazione

La antropomorfizzazione, vale a dire la tendenza a interpretare le altre specie come se fossero uguali all’uomo, è sicuramente sbagliata, perché porta a prendere grosse cantonate nella comunicazione e nell’interazione – abbracciamo il cane pensando di fargli un piacere o stringiamo un gatto per rassicurarlo – e nell’interpretazione dei comportamenti messi in atto dal nostro quattro zampe.

Il punto di vista

L’antropomorfizzazione ci porta a considerare il nostro come “il punto di vista” e non come una delle tante prospettive, ma questo è un grosso limite nella capacità di leggere quello che gli animali ci stanno dicendo e ciò che veramente desiderano da noi.

Gli animali percepiscono la realtà attraverso altre finestre sensoriali, per cui il mondo appare loro enfatizzato sotto certi aspetti e appiattito per altri. Sbaglieremmo peraltro a considerarla solo di una questione quantitativa.

Il mondo del cane e quello del gatto

Non è che il mondo olfattivo del cane sia semplicemente più intenso del nostro, così come l’universo acustico del gatto non è solo una questione di volume. Laddove noi avvertiamo un unico odore, un cane legge distintamente oltre un migliaio di report differenti, un vero e proprio paesaggio da sfogliare dettaglio per dettaglio.

Allo stesso modo un gatto vive in un arcobaleno sonoro arricchito di ottave che non siamo in grado nemmeno di concepire. La differenza è pertanto qualitativa e non quantitativa. Non si tratta solo di finestre sensoriali, ma di vere e proprie affinità elettive, ossia di differenti modalità di riferirsi e di portarsi verso la realtà esterna. Esiste un’estetica specie specifica ma, al contrario, molto spesso le persone pensano che ciò che piace all’uomo debba piacere anche al proprio pet.

Gatto e bambino

Che dire, poi, del modo differente di riferirsi a un ambiente di un gattino o di un bambino: messi in un prato, il bambino raccoglie margherite e il gattino rincorre farfalle; posti in una spiaggia il bambino raccoglie conchiglie e il gattino rincorre remolini di sabbia. La loro differenza non sta nei differenti target che il mondo propone ma nel differente verbo che coniuga gattino e bambino alla realtà esterna: il primo rincorre, il secondo raccoglie.

Ogni specie ha pertanto un proprio modo di essere-nel-mondo e per capire e rispettare un animale non basta la simpatia, intesa etimologicamente come “un sentirsi sulla stessa corda disposizionale”, vale a dire “ti capisco perché sei come me”.

Meglio informarsi

Occorre sviluppare empatia cioè saper rispecchiare emozioni e motivazioni che non ci appartengono: per questo un buon libro di etologia ci aiuta a vivere meglio il nostro rapporto con i pet.

Detto questo, è altresì evidente che in certe circostanze non è sbagliato antropomorfizzare. Che un gatto si stia divertendo a giocare o che un cane sia soddisfatto della nostra approvazione, non è un’attribuzione scorretta. In fondo esistono ampie zone di sovrapposizione tra noi e i nostri amici a quattro zampe: non fosse altro perché siamo mammiferi e tutti questi animali presentano più o meno lo stesso progetto di vita, basato sulle cure parentali, sui comportamenti di grooming, sui segnali sociali di coesione e avversione, sulla tendenza alla regressione infantile, sulla dimensione del gioco come modo per apprendere e divertirsi.

Insomma i nostri cani e gatti sono diversi da noi, ma non sono alieni e se rimaniamo nel caldo universo della cura e del gioco ci sono molte cose in comune tra noi.

 

Di Roberto Marchesini-Direttore del Siua

Foto Shutterstock

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