La rinascita dopo l’inferno
Era il 12 aprile quando il Rifugio Italia di Kiev con i suoi 95 ospiti è stato dato alle fiamme. “Incendio doloso senza colpevoli” cita il verbale della polizia che ha portato avanti le indagini. Ma chi ha potuto fare così tanto male a queste povere creature indifese?
Il progetto

La storia
Fino al 13 aprile Rifugio Italia ospitava 94 cani. In quell’incendio ne sono morti 69 e con loro anche una gattina, Nastya. “All’inizio abbiamo pensato fossero 75. Ma per fortuna i 6 che mancavano all’appello erano riusciti a scappare e sono rientrati pian piano. Il 12 aprile era la Pasqua ortodossa”, racconta Andrea. “Due volontari erano andati a casa a festeggiare, altre due ragazze erano rimaste al rifugio, e io e mia moglie Vlada eravamo andati a comprare il cibo per i cani. A un certo punto la telefonata che ci avvisa che tutto sta bruciando. Io e Vlada torniamo di corsa indietro, ma già a 20 km di distanza dal rifugio vediamo una colonna di fumo e così capiamo che la situazione è davvero grave. Giunti al rifugio continuava a bruciare tutto, ma i nostri cani erano già morti, in sei minuti era tutto distrutto e l’arrivo dei pompieri è servito a ben poco. Il dolore e la disperazione all’inizio sono stati grandi, ma fermarsi era impossibile. Abbiamo contato le vittime e curato i superstiti. E abbiamo dovuto subito ricominciare ad affrontare nuove emergenze. “Su 20mila mq”, continua Andrea, “la metà è stata messa in sicurezza con una nuova recinzione di 3 metri. Stiamo ricostruendo i box e la stalla e nella parte del rifugio che comprende un tratto di fiume penseremo anche ai pesci che vivono ammassati nelle vasche dei supermercati. Vogliamo svuotare quelle vasche e restituire una vita dignitosa anche a loro”.
di Federica Forte
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