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17 febbraio Festa del Gatto

di Redazione Quattrozampe

17 febbraio festa del gatto

Nell’antichità il gatto è stato venerato nelle modalità più disparate, sia come animale dotato di particolari poteri, che come simbolo di energie superiori, fino a rappresentare una vera e propria divinità. Purtroppo, nel corso della storia gli sono anche state attribuite connotazioni negative, per le quali è stato a lungo temuto e perseguitato. In linea di massima, però, questo piccolo felino ha affascinato l’uomo sin dai tempi più antichi, lasciando tracce indelebili di sé nelle tradizioni popolari, nella letteratura e nelle arti figurative.

Le divinità egizie

17 febbraio Festa del Gatto
foto di Anita Bergamo

Nessun’altra cultura ha celebrato il gatto in maniera tanto intensa quanto gli antichi Egizi. Infatti, in suo onore furono costruiti grandi templi, statue, pitture, bassorilievi, ciondoli e amuleti. Moltissime erano anche le cerimonie che quotidianamente venivano celebrate per pregarlo e adorarlo. Oltre che sacro, il gatto era considerato anche un animale magico, dal ruolo apotropaico, tanto da credere che i suoi occhi avessero il potere di scacciare il male e le tenebre, così come di mantenere il sole alto nel cielo. Bastet, dea dell’amore e Mafdet, dea della giustizia Per gli antichi egizi trovare il corpo di un gatto senza vita era una vera e propria maledizione, che si sarebbe concretizzata nella morte di un familiare o in una malattia incurabile. Proprio per evitare simili sciagure gli Egizi pregavano numerose dee con sembianze feline, in particolare Bastet, dea dell’amore, della sessualità, della fertilità, della famiglia e della musica, Mafdet, dea della giustizia e protettrice delle case e delle biblioteche, e Sekhmet, dea della guerra, del coraggio e della determinazione.

Gatto di casa, coccolato dagli Egizi Il gatto domestico, chiamato “myeu” dagli Egizi, era sempre allevato con grande cura e venerazione e quando moriva i familiari si radevano le sopracciglia in segno di lutto. La cerimonia funebre che ne seguiva era molto lunga e iniziava con la mummificazione dell’animale, svolta con diverse spezie e unguenti e si concludeva con il trasferimento del sarcofago nella necropoli di Bubasti, la città nel delta del Nilo consacrata alla dea gatta Bastet, di cui oggi purtroppo rimangono solamente poche rovine. Numerose statuette in onore della dea Bastet sono conservate al British Museum di Londra.

Portafortuna nell’antica Grecia

Nell’antica Grecia il gatto era venerato in una modalità diversa, essendo considerato di buon augurio principalmente sulle navi, poiché si credeva che questo felino fosse in grado di allontanare le tempeste e di propiziare i venti favorevoli. Inoltre, molti gatti erano impiegati nella caccia agli uccelli, come testimoniato dalle immagini dipinte in alcuni vasi di terracotta del V secolo a.C.. Infine, in molte dimore ateniesi i gatti domestici erano considerati non solo amici dell’uomo, ma anche simboli per eccellenza di saggezza, per via della loro capacità di vedere al buio.

Spirito libero nella cultura latina

Plinio il Vecchio nella sua opera “Naturalis Historia” sosteneva che gli antichi romani impararono ad apprezzare il gatto non solo per le sue qualità di cacciatore, ma anche per la sua bellezza e il suo spirito indipendente, tanto da considerarlo il simbolo per eccellenza della libertà. Per questo motivo la dea romana Libertas era raffigurata con un gatto ai suoi piedi e alcune legioni portavano l’effigie di un gatto sui loro stendardi.

Nell’Antica Roma, la principale divinità protettrice dei gatti era Diana che, secondo le credenze popolari, aveva concesso ai felini poteri magici. Per questo motivo, per non inimicarsi la dea, quando un gatto moriva veniva cremato e le sue ceneri sparse sui campi per propiziare il raccolto. La dea Freya nei paesi scandinavi

Nei paesi scandinavi i gatti erano considerati sacri, poiché secondo la leggenda avevano il compito di trainare la carrozza di Freya, dea dell’amore e della bellezza conosciuta anche come “signora dei gatti”. Questa divinità era raffigurata come una splendida donna bionda che si spostava su un cocchio guidato da due grossi felini simili a linci. In questi popoli del Nord, chiunque si prendesse cura dei gatti randagi era benedetto dalla dea Freya e godeva, pertanto, di grandi fortune. Inoltre, il gatto rappresentava il simbolo dell’indipendenza, della grazia e dell’armonia.

Shasti, la dea indiana a cavallo di un gatto

Gli Arabi, ancora prima dell’avvento dell’Islam, ritenevano che il gatto avesse un’anima pura. Anche in India questo felino era considerato sacro e simboleggiava la purezza dell’animo e la prolificità. Proprio per questo motivo Shasti, la dea indiana della nascita era rappresentata mentre cavalcava un gatto.

In Birmania questo piccolo animale aveva così tanto valore che nell’antichità solamente la famiglia reale e i sacerdoti erano autorizzati a possederlo.

Gatti amati e venerati in Cina e Giappone

La dea Li Shou, protettrice delle famiglie e dei raccolti, aveva sembianze feline. Il gatto era spesso impiegato per la salvaguardia dei bachi da seta, si credeva potesse scacciare le tempeste e le altre calamità naturali. Questo felino era impiegato anche nei templi come protettore dei manoscritti e custode del sapere. Inoltre, questi popoli credevano che il gatto avesse il potere di mettere in fuga gli spiriti demoniaci e per questo motivo era comune trovare all’esterno delle abitazioni alcuni manufatti di argilla raffiguranti gatti seduti con gli occhi sgranati, capaci di tenere lontani gli spiriti maligni.

Tramite tra l’uomo e Buddha

Nei popoli buddisti il gatto era così puro da rappresentare il tramite tra l’uomo e Buddha. Anche nelle civiltà precolombiane i felini erano adorati e ammirati per la loro grande purezza d’animo ed erano considerati divinità. In tutte queste culture erano previste pene molto severe per chiunque maltrattasse i felini domestici.

Perseguitato durante il MedioEvo

“Occhi verdi di gatto volano tra le tenebre di mezzanotte, insieme alla strega e alla sua scopa sfilacciata, sopra colline oscure dove incombono i falò”.

Sono versi della scrittrice Myra C. Livingston che rendono perfettamente l’idea del pesante colpo che ha subito il mito del gatto in Occidente con l’inizio dei “secoli bui” medioevali. Ciò accadde principalmente per opera della chiesa, che attribuì all’animale poteri malefici ritenendolo un tramite tra le forze demoniache e l’uomo, nonché una vera e propria creatura infernale al servizio delle streghe. Purtroppo, a causa di queste superstizioni infondate, moltissimi gatti furono sterminati. Ad esempio, durante la notte di San Giovanni (23 giugno) nelle piazze di ogni città erano bruciati vivi, annegati, impiccati e crocifissi centinaia di questi piccoli e innocenti felini assieme alle loro padrone (soprattutto donne della classe popolare) accusate di stregoneria.

Il riscatto dei gatti nei tempi moderni

Fortunatamente con l’Illuminismo la figura del gatto fu riabilitata e riacquistò un posto d’onore nell’arte, nella letteratura e nell’ideale comune. Numerosi pittori, scultori e scrittori lo ritrassero in una molteplicità di forme, tornando ad attribuire a questo felino l’importanza che merita. È proprio in questo periodo, ad esempio, che Charles Perrault (1628-1703) scrisse la famosa favola “Il gatto con gli stivali”.

Anche con la Rivoluzione Francese e il Romanticismo furono recuperati molti elementi dell’antichità egizia e il gatto tornò a rivestire un posto d’onore in gran parte dell’Europa. Nell’Ottocento questo animale domestico divenne un esempio da seguire nella lotta contro le malattie grazie al suo manto sempre perfettamente pulito. Inoltre, nel 1871 al Crystal Palace di Londra ci fu la prima mostra internazionale sui gatti, seguita da quella del 1881 tenuta al Bunnel Museum di Boston e dall’Empire Cat Show al Madison Square Garden di New York (considerata ancora oggi la più grande esposizione felina al mondo). In Italia la prima mostra si tenne a Torino nel 1935.

Degno di nota è anche il ruolo via via maggiore che questa “sfinge in miniatura” ha occupato nel cinema, come ad esempio nel celebre film del 1961 Colazione da Tiffany, o nel musical Cats.

L’origine della Festa del Gatto il 17 febbraio

17 febbraio Festa del Gatto
Amsterdam – museo Kattenkabinet

Dal 17 febbraio 1990 si festeggia ogni anno nella nostra penisola la giornata del gatto. Al giorno d’oggi l’interesse nei confronti del gatto è aumentato così tanto che questa creatura non è solamente amata e riverita come animale da compagnia, ma è diventata anche un membro di tutto rispetto nelle biblioteche e nei musei, tra cui il più famoso è l’Ermitage di San Pietroburgo, dove il gatto offre un infallibile sistema di sicurezza contro i topi. In Giappone il gatto nero è considerato di buon auspicio ed è presente a Tokyo un quartiere interamente dedicato ai gatti, mentre ad Amsterdam si trova un battello ormeggiato lungo il canale Singel che da circa cinquant’anni funge da rifugio per gatti randagi in attesa di adozione. Sempre in questa città olandese si trova anche un museo sui gatti, il Kattenkabinet, che esalta i nostri piccoli amici come veri e propri “capolavori di design”. Impossibile non innamorarsi di tutto questo.

Divi del cinema appassionati di gatti

17 febbraio Festa del GattoGrace Kelly posò per una marca di sigarette prima del suo trasferimento a Hollywood e dell’inizio della sua grande carriera di attrice (vinse anche un Oscar nel 1955 con “La ragazza di campagna”), la futura principessa di Monaco lavorava a New York come modella e come tale posò con un micio (la foto è del 1948) per la campagna pubblicitaria delle sigarette Old Gold. A proposito di gatti, un fatto curioso è accaduto lo scorso anno: nella casa dove era cresciuta, a Philadelphia, sono stati salvati 14 gatti malnutriti.

Anna Magnani, “gattara” de Roma. È considerata una delle più grandi attrici della storia del cinema italiano e mondiale. La celebre attrice romana nutriva un grande amore per gli animali, per i gatti in particolare. “Io e la gente ci capiamo pochino, alle feste preferisco la solitudine, per riempirmi la serata bastano due gatti che giocano sul tappeto”, diceva spesso alla sua maniera. E di gatti ne aveva tanti: in casa e in strada. Camminava per le vie di Roma con un foulard in testa e col cesto pieno di cibo per i gatti randagi. Abitava vicino largo di Torre Argentina dove ora sorge una delle più famose colonie feline protette della capitale e dove andava a sfamare i piccoli randagi.

Marlon Brando amava i gatti. In una nota immagine Marlon Brando siede con la macchina da scrivere sulle gambe e un gatto sulle spalle. L’attore amava molto gli animali, ha avuto gatti, cani e persino un procione di nome Russell che gli regalò sua madre. In una nota scena del Padrino, l’attore teneva sulle ginocchia un gatto: la presenza del felino non era prevista nella sceneggiatura. Il micio a quanto pare viveva nei dintorni e si presentò spontaneamente sul set entrando, per puro caso, a far parte della storia del cinema.

di Anita Bergamo

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