Immunodeficienza felina: il gatto “FIV-positivo”
Il virus dell’immunodeficienza felina appartiene alla famiglia delle retroviridae, la stessa del virus dell’Aids. Questa affinità (che è solo parziale) crea timori ingiustificati tra i proprietari di gatti, ai quali possiamo dire con certezza che non è possibile essere contagiati dai nostri amici felini.
L’infezione, particolarmente frequente nei gatti randagi, avviene essenzialmente tramite scambio di sangue.
Classicamente è il morso che fa passare il virus da un gatto all’altro: la ferita provocata è di solito profonda, molto adatta ad accogliere qualunque microrganismo, e nella bocca del gatto morsicatore l’agente patogeno è ben presente sia per le microlesioni sanguinanti che spesso si riscontrano sulle gengive, sia perché la saliva è uno degli habitat preferiti dal virus Fiv.
A volte basta un morso

Diagnosi di immunodeficienza felina
La diagnosi si fa mediante analisi di laboratorio. La terapia specifica non esiste ancora; si possono impiegare alcuni antivirali, immunomodulatori, cure mirate contro i germi opportunisti e terapie sintomatiche.
Non essendoci ancora il vaccino, l’unica prevenzione possibile è evitare l’incontro con gatti infetti.
La sterilizzazione è utilissima perché evita gli accoppiamenti e limita di molto l’aggressività intraspecifica dei maschi, che così evitano di mordere; anche le analisi “a tappeto” tra i gatti destinati alla riproduzione o che vivono liberi sono molto utili.
- Di cosa si tratta – È una infezione virale che può causare una sindrome da immunodeficienza
- Come si cura – Non esistono terapie; controllo e prevenzione sono l’unica vera arma
a cura di Alessandro Arrighi
foto da Shutterstock.com
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