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Emobartonellosi, malattia infettiva

di Redazione Quattrozampe

emobartonellosi

L’emobartonellosi è una malattia infettiva molto frequente nei nostri gatti. È causata dal mycoplasma haemofelis, un microrganismo che aderisce alla membrana esterna dei globuli rossi, alterandone la configurazione antigenica e provocando così una anomala risposta del sistema immunitario del paziente, che aggredisce le cellule infettate, distruggendone una buona parte.

Il mycoplasma, classicamente, penetra nell’organismo tramite la puntura di pulci o, più raramente, zecche, che lo veicolano con il morso; le gatte infette possono trasmettere la malattia alla prole. La enorme diffusione delle pulci fa sì che tantissimi gatti possano infettarsi durante la loro vita, tuttavia non tutti sviluppano la malattia (Anemia Infettiva Felina) perché il microrganismo è debole e generalmente, pur presente all’interno dell’ospite, provoca l’insorgenza del quadro clinico solo se “aiutato” da fattori che inducono immunodepressione.

Sintomi dell’Emobartonellosi

È raro che si evidenzino sintomi acuti; il gatto può arrivare alla visita manifestando debolezza, pallore delle mucose e temperatura leggermente alterata, oppure segni riferibili ad altre malattie cui l’emobartonellosi può essere associata. Le più comuni, tra queste, sono le infezioni da virus leucemia, virus dell’immunodeficienza, virus della peritonite infettiva oppure qualunque patologia cronica debilitante. In tutti i casi di emobartonellosi sarà corretto indagare l’eventuale coesistenza di queste problematiche. La massiccia presenza di pulci sull’animale può aiutare non poco a emettere il sospetto.

Diagnosi e terapia dell’Emobartonellosi

Alla diagnosi si arriva mediante evidenziazione microscopica del parassita nello striscio di sangue. Gli esami di laboratorio potranno mostrare segni più o meno marcati di anemia emolitica.

La terapia prevede l’impiego di antibiotici della classe delle tetracicline e, nei casi più acuti, di cortisone contro i meccanismi infiammatori autoimmuni. Ovvio che, nei casi in cui sia evidente la presenza di una patologia predisponente sottostante, sarà importante ottenerne il controllo per evitare continue ricadute. Nei gatti non curati la mortalità arriva al 30%. La terapia è di solito molto efficace, ma il paziente normalmente resta portatore sano dell’infezione, che potrà riattivarsi in caso di debilitazione o immunodepressione. Sarà quindi necessario programmare controlli periodici.

Di Alessandro Arrighi (Riproduzione vietata)

Foto Shutterstock

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